Atleti giovani e meno giovani, promettenti, con fisici forti, capacità tecniche buone, eppure quando affrontano la gara non riescono ad esprimere le proprie potenzialità perché non riconoscono e non sanno “gestire” emozioni, paure, ansie e schemi mentali, che li limitano nel rendimento.

 

Nel creare il Master in Sport Coaching abbiamo voluto che non solo gli allenatori ampliassero la propria capacità di supportare gli atleti, ma che anche questi ultimi, partecipando al corso, acquisissero un metodo per essere “allenatori di se stessi” e che, in qualsiasi momento, prima e durante la gara, fossero in grado di riconoscere quanto gli “succede internamente” ed agire di conseguenza per ottenere la massima performance.

Noi esseri umani in generale, e non solo gli atleti, abbiamo la tendenza, quando viviamo una difficoltà, a chiedere ed aspettarci aiuti e soluzioni esterni provenienti da qualcun altro, sottovalutando e, spesso ignorando, che in noi stessi possediamo tutti gli strumenti per superare le crisi. Il Coaching, metodo antico ma sempre più moderno, sostiene chi vive la difficoltà supportandolo a trovare in se stesso la soluzione per uscirne.

Socrate, precursore del Coaching, fin dall’antichità, con la sua saggezza, sosteneva “di non sapere”, eppure dialogando, ponendo con sensibilità le domande giuste, faceva sì che nell’altro emergessero tutte le qualità ed il potenziale inespressi.

Maieutico è il termine che definisce questo metodo di “allenamento” alla base della filosofia mondiale dell’arte del Coaching, che rispetta e ritiene che l’essere umano possieda grandissime risorse e possa scoprirle da solo, o con il supporto di un Coach Socratico.

 

Il tuo insegnante può aprire la porta, ma ci devi entrare con te stesso.
L’atleta di qualsiasi sport realizza di avere talento quando é piuttosto giovane, ma poi si affina e, se è in grado, fa il salto nello sport come “professione” nell’adolescenza. Qui vive il maggior cambiamento, per poi proseguire la propria crescita in modo costante durante tutta la carriera. Esiste un’altra fase dell’atleta molto delicata, che è quella calante, prima di chiudere definitivamente il proprio percorso professionale, in cui si giunge a fare molto i conti “con se stessi” per accettarsi e prolungare il piacere di competere contattando tutto il potenziale ancora a disposizione.

Atleti evoluti, che scoprono di avere talento, hanno dunque bisogno di allenare e capire come far emergere, o come far sì che tutto il potenziale a loro disposizione si esprima sul difficile campo di gara, dove compagni, avversari, pubblico, arbitri, allenatori, etc. diventano fattori che possono esaltare o compromettere la prestazione.

 

Essere resilienti nei momenti difficili, che qualche volta ci saranno, la capacità di imparare “la lezione” da una sconfitta, allenandosi poi sull’auto efficacia per non perdere autostima, sono punti chiave che un atleta vive dentro di sé, e più ne è consapevole e responsabile, quanto più saprà allenare se stesso compiendo scelte ponderate, da seguire con consapevolezza, per migliorarsi.

Una vita in spogliatoio, per me luogo sacro in cui si crea lo “spirito” di squadra, vissuta da giocatore, allenatore e manager alla ricerca di vittorie e, soprattutto, del massimo rendimento, mi ha condotto all’elaborazione di questo percorso di apprendimento dell’arte di migliorare e portare se stessi ad un livello superiore con questo metodo che è il Coaching, per me affascinante e innovativo.

 

Nelle otto giornate del Master in Sport Coaching, insieme alla scuola Incoaching, da anni impegnata nella formazione di Coach Professionisti, abbiamo selezionato le tematiche chiave da affrontare per allenare ed esaltare il rendimento emotivo, mentale, di “pancia” di cui l’atleta necessita, sia che egli scelga di essere supportato dal Coach o di divenire “allenatore Coach di se stesso”.